La tecnologia ha compiuto balzi da gigante: argomento trito e ritrito; affrontato e dibattuto ovunque (e non solo sotto l’ombrellone, o per riempire quei tre minuti sull’ascensore, in compagnia di uno sconosciuto…); sviscerato e servito, cotto e crudo, in tutte le salse, dal talk show televisivo di successo, alle tavole rotonde, con “esperti” incorporati, alle quattro chiacchiere “tanto per”, come quelle del sottoscritto, ad esempio…
Però, per quanto logoro sia, l’argomento in questione testimonia pur sempre un’incontestabile verità.
Io non ho l’età di Matusalemme, ma non posso più nemmeno definirmi un teenager. Appartengo a quella generazione che ha potuto “godere”, pressochè in diretta, di questa epocale rivoluzione tecnologica, che, inevitabilmente, è diventata anche una evoluzione dei costumi, del nostro “modus vivendi”…
Oggi non ci si “manda un saluto”: ci si scambia un sms su Wattsapp; non ci si trova al Bar di Mario: ci si dà appuntamento in chat; non restiamo in contatto: ci connettiamo; non riprendiamo fiato, dopo un lunga chiacchierata: mettiamo in carica lo smartphone…
Dimmi chi tagghi e ti dirò chi sei: il successo dei “Social” è clamoroso, insindacabile, esponenziale, contagioso. Un vero e proprio tsunami che ha coinvolto tutti. Giovanissimi compresi (ahimè…?).
Riusciamo a sentirci in contatto con tutto il mondo, restandocene comodamente seduti, da soli, sul divano di casa nostra.
Affascinante prospettiva, come negarlo, purché si riescano ad evitare pericolosi scivoloni nell’eccesso…
Anche se, a pensarci bene, in un mondo che insegna ad andare “al massimo”, la vera scelta, veramente “eccessiva” finirebbe per essere un ritrovato “equilibrio”…
testo di Roberto Pellegrini