“Dire una cosa è troppo facile: le cose bisogna viverle.”
Franz Kafka sintetizza così, in questo splendido aforisma, una disarmante verità.
Spesso, e per le ragioni più diverse, ci rifugiamo nel mondo ovattato, in quell’ “Isola che non c’è” (ma che sappiamo sempre come rintracciare, navigando a vista…), che sono le “buone intenzioni”, nel tentativo di convincere, noi stessi, in primis, e gli altri, in seconda battuta, che possa essere sufficiente una cristallina “dichiarazione d’intenti”, per portare avanti le cose.
Talvolta ci dimentichiamo che le parole che diciamo aprono, anche in chi ci ascolta, spiragli, aspettative, illusioni; innescano progetti. E non sempre di “basso profilo”…
Ma quando sul banco c’è la vita, nostra e degli altri, bisogna puntare tutto sui “numeri” giusti…
Dovremmo avere sempre il coraggio di “fidarci” del nostro domani, senza sentirci perennemente “in panchina”…; dovremmo abbandonare quel velo di reticenza che scaturisce, probabilmente, da un atteggiamento non del tutto “aperto” nei confronti di una visione ottimistica della vita, spesso in seguito a brutte esperienze, o inattese battute d’arresto.
Perché vivere è, innanzitutto, “crederci”; è gettarsi con fiducia negli impegni che ci siamo assunti, convinti che ce la metteremo tutta per riuscire; è avere voglia di dare una chance anche a progetti che, magari in un momento di sconforto, possono di colpo apparirci impossibili, irrealizzabili…
E, questo, senza contare troppo sulla… Dea Bendata (notoriamente piuttosto inaffidabile), se è vero – come è vero -, che “Faber est suae quisque fortunae!” (ciascuno è artefice del proprio destino).
C’è una linea sottile che separa il successo dall’insuccesso, che segna il confine anche tra il coraggio di buttarsi nella mischia e la paura…; vivere non è restare in equilibrio su quella linea di confine, ma scegliere, con fermezza, di stare dalla parte “giusta”….!