“Che cos’è l’Arte? Se lo sapessi, mi guarderei bene dal rivelarlo. Io non cerco, trovo.”
Pablo Picasso, 1926
Cosa si esprime nell’Arte? La “finzione”, o la “realtà”; la “menzogna”, o la “verità”?
Arduo, e quantomai pretenzioso, suppongo, rispondere con certezza alla domanda, per la semplice ragione che una risposta esaustiva a questo interrogativo non c’è.
Che l’Arte tutta, nelle sue innumerevoli “forme”, attinga, tragga origine, dal “vero”, dal “reale” è fuori discussione, ma nel suo percorso di “rappresentazione”, tutto ciò che “è” finisce, inevitabilmente (e, direi, necessariamente), per divenire ciò che “si sente”.
Il “reale”, cioè, nell’esperienza artistica si “evolve” in ciò che di esso è “percepito”; in ciò che di esso sia emotivamente presente nelle intenzioni, coscienti o no, dell’Artista.
Ed in questo consiste la rappresentazione artistica: filtrare l’”oggettivo” attraverso le lenti del “soggettivo”, dell’”opinabile”.
Il percorso creativo dell’Arte fissa ciò che la realtà “è”, affermando ciò che la realtà “non è”, non è mai stata, né mai sarà.
Ed ecco il miracolo dell’Arte: il parallelismo riscontrabile, tra un mondo fittizio, inesistente, emozionale, con quello reale, da cui il tutto trae origine.
L’Arte (“menzogna”), e la realtà (“verità”), non si identificano, quindi, ma tendono a “riconoscersi”, l’una nel riflesso dell’altra.
In definitiva, non esisterebbe la “menzogna” dell’Arte senza la “verità” che la realtà “genera”, semplicemente “esistendo”.