Obiettivo della pratica Zen (Zazen), è il raggiungimento del “Satori” (illuminazione, risveglio alla verità); evento che, com’è noto, può maturarsi all’improvviso e che non è possibile, in nessun modo, “programmare”.
Anzi: più ci si ostina in questa “ricerca”, con ossessivi atteggiamenti di frettolosa impazienza, e più, in realtà, si finisce per allontanarsi dalla “Via”…
Consigli preziosi in tal senso (che sconcertano per la loro disarmante semplicità), sono contenuti nel bellissimo libro di Taisen Deshimaru, “Il vero Zen”, da leggere ( e rileggere…), tutto d’un fiato, possibilmente tentando di “depurarci” dalla nostra inevitabile “occidentalità”…
Secondo l’insegnamento Zen, infatti, le nostre giornate, così come i nostri atteggiamenti mentali, sono tutt’altro che orientati al raggiungimento del Satori: trionfo dell’apparenza e dell’effimero, fretta, stress, carriera, desiderio di primeggiare, arrivismo, passioni, ecc, ecc, non sono altro che ostacoli che si frappongono tra noi e l’ “illuminazione”.
In realtà, si tratta soltanto di mettere ben a fuoco un concetto piuttosto semplice: impegnarsi, con tutte le nostre energie, per l’affermazione di sé (come ci insegna questo nostro modus vivendi, “fondato” sul successo personale), equivale, in realtà (secondo i paradigmi Zen), ad allontanarsi dal “sé” e dalla “comprensione”, per “chiudersi” al mondo…
Il grande Maestro Dogen era solito affermare:
“Tenete le mani aperte, e tutta la sabbia del deserto passerà tra le vostre dita. Chiudete le mani, e stringerete soltanto qualche granello di sabbia…”
Amo riflettere su questo pensiero…