L'arte nasce dal desiderio dell'individuo di rivelarsi all'altro. Ogni forma d'arte, di letteratura, di musica deve nascere nel sangue del nostro cuore. L'arte è il sangue del nostro cuore.
Edvard Munch recitava così, si potrebbe quasi definirlo l'inno personale del pittore esoterico, dell'amore, della gelosia, della morte e della tristezza. Norvegese, nato nella seconda metà del 1800, famoso per la sua vita travagliata, che sin dalla tenera età, riserva allo stesso una serie infinita di disgrazie e disavventure. Uomo assai controverso, continui alti e bassi con la minaccia costante della tubercolosi, egli stesso dichiarò più volte di "essere afflitto da un crudele destino". La sua arte è assai difficile da comprendere. Fa parte di quella categoria di artisti che inizialmente sembrano essere banali, quasi insignificanti, e poi si rivelano essere l'esatto opposto.
Più di tutti, c'è un quadro in particolare che mi affascina, lo fisserei per ore: La Notte stellata di Munch.
Il dipinto oltre ad essere omonimo a quello di Van Gogh (realizzato 30 anni prima) condivide gli stessi "principi". I due artisti, assai distanti ma allo stesso tempo molto vicini, condividono un'esistenza tormentata, piena di disgrazie. Esiste nulla di più poetico e simbolico, di una notte stellata? La notte, se ci fate caso, ha quel senso di misterioso ma al contempo affascinante, che non ha eguali. La notte è bellissima, con il suo silenzio, la sua quiete... la sua pace! Pace che nessuno dei 2 ha mai trovato. Nel caso di Munch, la notte è un'amica fedele. La scalinata in primo piano scende verso un prato innevato... Dona un senso di sospensione... Attesa di qual cosa che da li a poco potrebbe succedere. I colori tenui in alcuni punti, quasi impalpabili, mentre in altri diventano decisi e sgargianti. In cielo una striscia verde che potrebbe essere un'aurora boreale, un effetto di luce o chissà... una provocazione fatta dallo stesso. Oggi è conservato in quella che fu la città che vide Munch diventare artista: Oslo, al Munch-museet.